Si chiama, in modo molto
poetico e suggestivo, “archeologia dell’evanescente” ed è la scienza umanistica
che si occupa del mondo dei profumi antichi. Io ne sono rimasta “folgorata”
alcuni anni fa, quando, insieme ad un gruppo di ricercatori sperimentali, siamo
stati incaricati dal CNR di ricostruire dei profumi, partendo da residui
organici, individuati all’interno di contenitori, scoperti a Cipro e datati al
1800 a.C.!
Da quel momento il mondo del “profumo archeologico” ha cominciato ad
esercitare su di me un fascino irresistibile, al punto che la mia attività di
studio e ricerca ha finito per orientarsi principalmente verso questo particolare
aspetto dell’antichità. Ovviamente l’esperienza sensoriale ne rappresenta un
momento imprescindibile. Come fai a non essere travolta dalla curiosità di
“annusare” la Storia?! Ricostruire antichi profumi è diventata una passione che
ormai mi si è cucita addosso, direttamente sulla pelle, è diventata parte di
me, è me!
Manipolare fiori, piante, spezie, incensi, cere, “giocare” con
padelline e alambicchi vari, “assaggiare” con il naso, è qualcosa di
entusiasmante che ti coinvolge ad ogni livello, professione ed emotivo. E’
un’attività che ha risvolti legati più al mondo magico-esoterico che non a
quello storico-scientifico: “dissolve et coagula”! Quali sono le fonti da cui
partire per ricostruire una famosa “nota” olfattiva di duemila anni fa?!
Innanzitutto quelle letterarie antiche. E tra queste spicca e domina su tutte
il trattato “Sugli Odori” del filosofo greco Teofrasto (IV sec.a.C). Da lui
deriveranno gran parte delle loro conoscenze anche gli autori latini, Plinio in
primis. Poi ci sono le documentazioni archeologiche, di scavo, a cui di recente
si affianca l’attività di chimici molecolari che, grazie alle moderne
tecnologie, sono in grado di individuare le componenti di antichi unguenti
anche solo analizzando le pareti porose dei contenitori.
E le belle donne
etrusche?! Sappiamo qualcosa in merito ai preziosi e sicuramente raffinati
unguenti con cui erano solite nutrire e profumare la loro pelle?! Assolutamente
si! A partire dalla metà del VII sec. a.C. e per gran parte di quello
successivo, vengono importati in Etruria quantità straordinarie di unguentari
prodotti nella città di Corinto. Le tombe etrusche arcaiche hanno restituito
decine e decine di aryballoi e alabastra, proto-corinzi e corinzi.
L’affezione
verso questo tipo di prodotto era tale che presto anche in Etruria si avvierà
una produzione di ceramica etrusco-corinzia, commercializzata e distribuita in
tutto il Mediterraneo, che aveva proprio negli unguentari la sua punta di
diamante.
Cosa contenevano queste deliziose, e perlopiù minute, ceramiche
prodotte a Corinto, che faceva letteralmente impazzire le ricche signore
dell’aristocrazia etrusca?! Ce lo dice Plinio, nella “Naturalis Historia”,
quando, parlando proprio dei profumi greci, ci informa che Corinto era
famosissima per il suo profumo a base di rizoma (radice) di iris. Come era
ottenuto questo profumo ce lo “spiffera” invece il caro Teofrasto: rizoma di
iris essiccato per cinque anni, lasciato macerare a freddo in olio.
Eccezionale
è stata poi la scoperta, a conferma delle fonti scritte, di un unguentario
corinzio con scritto sopra proprio il nome del profumo: Irinon! E poiché gli
Etruschi erano un po’ i Cinesi del mondo antico, nel senso che “scopiazzavano”
di tutto, nessuno mi toglie dalla testa che anche loro, all’interno degli
unguentari etrusco-corinzi, distribuissero lo stesso tipo di essenza, ovviamente
a prezzi concorrenziali. Basti pensare all’antica tradizione della coltivazione
del giaggiolo in terra etrusca, soprattutto in Toscana, al punto che il
giaggiolo, o iris, o giglio fiorentino, è diventato non solo il simbolo di una
città, che vanta da sempre origini etrusche, ma anche quello di una nobile
casata “radicata” nello stesso contesto dove visse l’antico ethnos italico: i
Farnese.
Mi piacerebbe in un futuro approfondire anche questo interessante
aspetto, al momento buttato lì solo come invitante suggestione. L’Irinon è un
profumo dolce e gradevole. Essendo derivato da una radice ha la calda
sensualità della terra. Il fatto di essere un profumo in olio lo rende instabile
e perciò “vivo”. Niente a che vedere con i nostri alcolici profumi di sintesi!
Interagisce con la pelle con cui viene a contatto, e cambia di continuo le sue
caratteristiche pur mantenendo la sua “nota”. Chiudere gli occhi e immaginare
le movenze di una danzatrice etrusca che ci inebria con il suo odore
rappresenta un’esperienza “altra” del mondo antico, molto più reale e
coinvolgente. Adoro portare in giro questi profumi e farli “respirare” alla
gente (ovviamente non ho le capacità di una produzione industriale, ma se
qualcuno è curioso di “provare” questo profumo può contattarmi in privato). Mi
piace leggere lo stupore e la meraviglia sui loro volti, e quell’incanto che
solo ciò a cui diamo il nome di “magia” sa suscitare.
“Gli
uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore,
davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole
seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo. Poiché il profumo era fratello
del respiro.”
(tratto
da “Il profumo” di P. Suskind)
Ah ! P E R D I N D I R I N A ! RAMTHA ! Sempre più Magnifica ! Il tuo profUmo si sente fino a qua !! Mi sono accorto solo adesso di questo tuo nuovo post. Ma c'è modo di sapere quando pubblichi qualche nuovo articolo, oppure posso solo affacciarmi random qui ?!
RispondiEliminaComplimenti di cuore e di naso!!! ;-)
(...e scusa per il PERDINDIRINDINA che ho ciccato :-) )
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